Double Corporeity

Con le Avanguardie artistiche del XX secolo, e in particolare con il dadaismo, assistiamo ad una rivoluzione volta a modificare radicalmente il concetto di arte. La fotografia, ritenuta da sempre nemica della pittura considerata l’arte per eccellenza, riesce a trarre un gran beneficio da tale rivoluzione, potendo diventare completamente autonoma. L’obiettivo delleAvanguardie è quello di distruggere l’arte tradizionalmente intesa per crearne una nuova, non più rinchiusa in dei vincoli ma capace di produrre opere che portino al loro interno un’idea, un concetto. Questa rinnovata concezione permetterà all’invenzione di Daguerre di non doversi più “mascherare” da pittura, ma allo stesso tempo posizionerà l’arte di fronte ad un panorama in cui tutto è permesso e in cui gli artisti sono liberi di operare nelle direzioni più disparate. Questo ha spesso condotto a delle degenerazioni e sembra che il corpo sia uno dei mezzi più sfruttati nella ricerca di libertà e trasgressione. L’utilizzo inappropriato del corpo in arte è assai indicativo di quanto il nostro secolo tratti con estrema leggerezza il giudizio di bello, conducendo ad una svalutazione della corporeità, che sia per scopi mediatici o per la riproduzione artistica. Da sempre il canone di bellezza rappresentato nelle opere d’arte ha seguito lo stereotipo che vigeva in un determinato periodo o in una determinata cultura e oggigiorno ci troviamo di fronte a stereotipi di ragazze anoressiche come simbolo di bellezza e a corpi sviliti e umiliati per scopi artistici. (Mi riferisco in modo particolare ad alcune Performance eseguite all’interno del movimento della Body Art).
Queste degradazioni della corporeità mi hanno condotto ad effettuare una ricerca verso l’esaltazione della corporeità stessa, creando delle immagini in cui il corpo viene arricchito unendo due tecniche artistiche, fotografia e pittura, nella convinzione che l’artista possa utilizzare qualsiasi mezzo necessario per produrre la sua opera, ma sempre cercando di produrre un’arte che sia in grado di sconvolgere positivamente e non solo di scioccare.
Alcune immagini comprendevano anche la cornice dei quadri stessi e la decisione di escluderle è stata frutto di gran riflessione: includendo la cornice avrei subito “confessato” il metodo di realizzazione dell’opera e lo spettatore si sarebbe concentrato più su quello che non sul messaggio intrinseco di questi corpi arricchiti da un qualcosa di non immediata percezione, mentre così si ha solo l’impressione che questi nudi siano più completi, che abbiano appunto una doppia corporeità.Il mio intento è quello di porre lo spettatore in una condizione di spiazzamento e di indecisione e vorrei che non capisse immediatamente il metodo di realizzazione delle immagini: sono foto? O forse dipinti? O un collage? Magari sculture fotografate? O corpi disegnati? La mia risposta è che non ha importanza e che deve essere l’arricchimento del corpo l’unica “tecnica” che va ricercata all’interno del mio progetto. Questo perché io credo che la funzione dell’arte dovrebbe essere quella di sentire la necessità di avvicinarsi ad un’opera, sentire il bisogno di toccarla, di entrarci dentro, di eliminare per un secondo tutte le domande e le relative risposte sulla sua creazione, sulla tecnica, sulla luce, sui colori, ma riuscire soltanto a percepire ciò che in quel momento l’opera è in grado di darmi, ciò che riesce a suscitare dentro di me. Senz’altro è poi interessante e fondamentale arrivare a capire i motivi e la tecnica che hanno accompagnato l’autore nella sua creazione ma, nella mia concezione, dovrebbe essere una riflessione secondaria.